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Nel 2025 l’Unione Europea si trova in una fase decisiva, stretta tra le politiche industriali sempre più aggressive di Stati Uniti e Cina e la necessità di preservare i propri valori fondanti: tutela della privacy, competitività del mercato e coesione sociale.
Il recente summit di Parigi sull’AI, a cui hanno partecipato sia il Vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance sia la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, ha messo in evidenza come l’Europa desideri essere protagonista dell’innovazione, ma sia al tempo stesso minacciata dal rischio di un’eccessiva burocratizzazione.
Da un lato, Vance spinge per un approccio più liberale; dall’altro, von der Leyen ribadisce l’intento di trasformare il Vecchio Continente in un polo di eccellenza per la ricerca e lo sviluppo, soprattutto attraverso piani d’investimento ambiziosi come “InvestAI” da 200 miliardi di euro. Tuttavia, l’annuncio di nuove “gigafabbriche” o la volontà di emulare il modello CERN per la fisica necessitano di un cambio di prospettiva: occorre superare la frammentazione tra gli Stati membri e costruire un ecosistema davvero integrato, in grado di confrontarsi con i giganti tecnologici globali.
Nel contesto politico, economico e sociale del 2025, l’Europa si muove su un equilibrio delicato: deve preservare l’unità interna e sostenere settori strategici, e allo stesso tempo necessita di investire nelle competenze specialistiche indispensabili per la nuova frontiera dell’AI. Il report di Mario Draghi sulla produttività europea lancia un avvertimento chiaro: senza un salto di qualità nella sinergia tra innovazione e infrastrutture, il gap con le superpotenze rischia di ampliarsi ulteriormente. Non è soltanto una questione di PIL e investimenti: in gioco c’è anche il ruolo geopolitico dell’UE, che potrebbe diventare semplice spettatore della rivoluzione tecnologica in corso.
Camminando tra le vie delle nostre capitali, è ancora difficile percepire nella quotidianità la stessa presenza di tecnologie all’avanguardia che caratterizza le metropoli statunitensi o cinesi. Eppure, nei laboratori di ricerca europei fermentano idee innovative, e l’attenzione verso l’etica e la protezione dei dati potrebbe rappresentare un vantaggio competitivo unico al mondo.
Sorge quindi una domanda cruciale: l’Europa saprà guidare questa transizione in modo inclusivo e sostenibile, oppure si limiterà a rincorrere i modelli altrui? Invitando alla riflessione, è inevitabile domandarsi se la chiave per il prossimo decennio risieda nella capacità di bilanciare progresso e regole, senza rinunciare all’anima democratica che contraddistingue l’Unione. Guardando oltre il 2025, la sfida sarà tradurre i buoni propositi in azioni tangibili, definendo una strategia di lungo periodo capace di trasformare l’intelligenza artificiale in un motore di crescita, coesione e indipendenza tecnologica per il continente.
Stefano Ingallina
La riflessione di Stefano è più che mai attuale. L’intelligenza artificiale è al momento uno dei più importanti fattori di crescita (anche potenziali) della ricchezza di una società (inteso come società di persone e azienda corporate). Non è una sorpresa quindi che Stefano la definisca un potenziale motore di crescita.
Per portare un esempio recente, pochi mesi fa ho avuto la possibilità di presentare a Berlino la mia previsione rispetto all’impatto dell’intelligenza artificiale nel mondo degli investimenti e in specifici settori economici, con focus su quali aziende avrebbero potuto beneficiarne o subirne le conseguenze nel breve e medio periodo.
Al momento mi sento di dire che l’Europa è in affanno su questo tema, quantomeno in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina, e condivido appieno la speranza (e anche l’apprensione) di Stefano. Non a caso, il mio titolo per la presentazione a Berlino è stato: AI, Hope or Horror?
Lo spunto di Donato coglie perfettamente il senso del tema: l’Europa è ancora in affanno e non sembra rendersi conto appieno delle ripercussioni socio-economiche che l’AI sta già generando. Mentre ci lasciamo attrarre e distrarre da strumenti che promettono di semplificare la vita e il business, il rischio di un assopimento generale è reale. Ed ecco che, quasi per magia, poco tempo fa è stata annunciata l’idea di un centro europeo per l’AI, quando ancora manca una vera strategia unitaria. Caro Donato, il titolo che hai utilizzato per la tua presentazione direi che è più che mai attuale, e vedremo se il futuro ci porterà “Hope or Horror”. Non resta che darci da fare!