🥇 L’era d’oro del disaccordo
Come il conflitto di idee è diventato il motore del nostro tempo.
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Penso che possiamo essere tutti d’accordo su una cosa: i tempi in cui viviamo sono davvero terribili. Ci sono carenze alimentari, inflazione fuori controllo, guerre culturali, guerre reali, rivolte razziali, fake news, insurrezioni folli, pandemie globali e, come se non bastasse, un pianeta in piena crisi climatica.
Guardando un periodo come questo, tra le cose che mi vengono in mente c’è un pensiero che mi sfiora: se fossi nato un po’ prima, avrei potuto godermi gli anni '90, che devono essere stati davvero gloriosi a confronto, e infatti bravi tutti quelli che se li sono goduti appieno!
Pensiamoci, erano gli anni successivi alla caduta del muro di Berlino, la fine dell’apartheid in Sud Africa, l’inizio del multiculturalismo e la rappresentazione delle minoranze nella politica e nei media (ricordi ‘Il Principe di Bel-Air’?), e ancora, l’arrivo di internet e importanti investimenti stranieri in Italia come General Motors con Fiat e Deutsche Telekom con Telecom Italia. Insomma, si viveva il presente con fiducia e c’era un sentimento di speranza pensando al futuro.
E oggi? Spesso descrivo questo periodo come l’era d’oro del disaccordo.
Sì, il disaccordo è diventato una sorta di valuta. Essere contro qualcosa attira l'attenzione, crea dibattito e, spesso, genera profitti. Prendiamo ad esempio il mondo dei social media: le opinioni polarizzanti e le controversie generano più clic, condivisioni e commenti rispetto ai contenuti neutrali. Questo fenomeno non è limitato ai social media, ma si estende a molti settori, compreso il mercato dei capitali.
In tutto il mondo vediamo questo atteggiamento riflesso nelle discussioni sulle tematiche ESG e DE&I (Diversity, Equity, & Inclusion). Molti grandi asset manager, come BlackRock, hanno recentemente abbandonato la Net Zero Asset Managers Alliance, un'iniziativa globale per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050.
Questo passo indietro ha sollevato dubbi sul futuro della finanza sostenibile e ha alimentato il dibattito su quanto le aziende debbano impegnarsi per il bene comune. Senza tanti giri di parole, molte grosse aziende americane hanno ritirato i propri sostegni a programmi di questo tipo per paura di ripercussioni da parte della nuova amministrazione Trump.
Molti amici e conoscenti mi hanno scritto per chiedermi: ma quindi questo significa che il movimento ESG è finito? No, ovviamente! Ne avevo anticipato nella newsletter ‘Drill, Baby, Drill’ a dicembre. La stragrande maggioranza degli investitori istituzionali europei e asiatici rimangono fortemente ancorati alle politiche ESG e DE&I, ma l’arrivo della nuova amministrazione Trump ha sicuramente contribuito a far sgretolare l’ipocrita impalcatura di politiche progressiste lasciate in mano alle aziende private.
Va detto però, questo non significa che tutti i programmi volti all’inclusività realizzati dalle aziende private siano ipocriti, anzi, sicuramente molti hanno contribuito e contribuiranno a migliorare il mondo del lavoro, e si parla già di programmi che non verranno più formalmente pubblicizzati per evitare l’attenzione mediatica.
In un mondo dove il disaccordo è diventato la norma, mi chiedo se stiamo vivendo una sorta di "1984" moderno, dove la verità è manipolata e il consenso è un'illusione. Forse, come diceva il Ministero della Verità di Orwell:
"La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L'ignoranza è forza."
Ma nonostante tutto, continuiamo a sperare in un futuro migliore, dove la valuta del disaccordo cede il passo alla collaborazione e alla comprensione reciproca. Dobbiamo impegnarci a costruire ponti tra le visioni polarizzate e lavorare insieme per trovare soluzioni che ci avvicinino, solo così possiamo creare un mondo più giusto.
Donato Boccardi
Caro Donato, oggi i meccanismi di engagement digitale tendono a favorire la polarizzazione, premiando le posizioni estreme a discapito del dialogo costruttivo. Ma forse vale la pena chiedersi: è proprio il modo in cui il disaccordo viene amplificato e monetizzato l'aspetto davvero inedito della questione?
Se guardiamo alla storia, i periodi di profonda trasformazione sociale e tecnologica sono sempre stati accompagnati da accesi conflitti ideologici. Gli anni '90, ad esempio, spesso ricordati con nostalgia come un'epoca di ottimismo e progresso, non erano affatto privi di tensioni. Piuttosto, il consenso sulla globalizzazione e sul neoliberismo mascherava molte delle disuguaglianze che oggi sono emerse con forza. La vera differenza è che oggi il dissenso è più visibile, immediato e, come giustamente sottolinei, redditizio.
L’uscita di BlackRock dalla Net Zero Asset Managers Alliance segna un cambio di paradigma e dimostra quanto i mutamenti politici influenzino le grandi istituzioni economiche. Forse stiamo attraversando una fase di aggiustamento, in cui le aziende cercano un equilibrio tra impegni etici e convenienza economica. Non necessariamente abbandonano i principi ESG, ma magari li rimodulano per ridurre l’esposizione alle critiche pubbliche.
L’accostamento a 1984 di Orwell è affascinante e in parte giustificato: la manipolazione dell’informazione e la costruzione della realtà attraverso narrazioni contrapposte sono dinamiche pericolose. Eppure, più che in un mondo orwelliano, sembra di trovarsi in uno scenario più vicino a Brave New World di Huxley, dove l’informazione è così sovrabbondante e frammentata da rendere il consenso quasi impossibile.
La vera sfida, dunque, non è solo superare il disaccordo, ma creare nuovi spazi di confronto, dove le differenze non siano strumenti di divisione, ma opportunità di arricchimento collettivo.